E’ un sabato mattina grigio di novembre, ma non piove e non è nemmeno molto freddo…
Sto andando ad una lezione all’Università. Non sarebbe nemmeno una cosa tanto strana, a parte forse il fatto che è sabato mattina, se non fosse che oggi è il 23 novembre 2019 ed io mi sono iscritto alla facoltà di ingegneria nel 1980….39 anni fa !
Oggi è una lezione speciale, una “lectio magistralis” del prof. Cantore, uno dei professori del corso di laurea di Ingegneria Meccanica e Mineraria del 1980-81 .
Alcuni ex allievi di allora hanno organizzato questa riunione commemorativa e sto andando la’ con un vecchio caro amico di allora.
Parcheggiamo la macchina e facciamo una 50ina di metri sulla salita del viale che tanti anni fa percorrevamo ogni giorno : “non me la ricordavo cosi’ faticosa ‘sta salita”.
Ma oggi abbiamo tanti anni e un po’ di chili in più.
L’ingresso non è praticamente cambiato.
Mi viene un groppo in gola e mi cresce l’ansia percorrendo il lungo corridoio del piano terra, rimasto quasi come allora : non ci sono più le file di armadietti per gli studenti e nemmeno la copertura in lamiera bugnata del recessoa pavimento per tubi degli impianti, che risuonava tetra ad ogni passo che si faceva per arrvare in tempo alal lezione .
Ma le luci “da obitorio” sono le stesse ed i portoni grandi , grigi e severi lungo i lati non sono cambiati ..ed il corridoio sembra animarsi di tanti giovani visi ,un po’ ansiosi,ma anche gioiosi e ridenti..sembrano ectoplasmi , li vedo solo nella mia mente ,ma sono li.
Arrivo all’ingresso delle aule e c’è già un gruppetto di ex ragazzi di allora: non riconosco quasi nessuno e siamo costretti a ripresentarci . Il tempo ci ha cambiato e solo quando guardo negli occhi ognuno dei miei compagni di lezioni di allora comincio a riconoscerli e noto le linee del viso di allora , anche se oggi sono mascherate dalle rughe,dalle stempiature evidenti,dagli occhiali più spessi.
Saliamo alle aule : la lezione si terrà nell’aula 6.1: in realtà 39 anni orsono la 6.1 era l’aula a fianco (che oggi si chiama 6.2) perchè quella che oggi ha preso quel numero era dedicata ai corsi di ingegneria elettronica che erano all’inizio. Ma le due aule sono identiche internamente e cosi’ decidiamo di metterci seduti negli stessi posti di allora.
Tutto è come allora …c’e’ solo un grande schermo per videoproiettore,ma , completamente dissonante e antica, c’e’ una lavagna luminosa, quella per proiettare lucidi ,che sembra essere stata dimenticata da anni.
Le tre lavagne sono sporche di gesso, segno che ancora c’e’ bisogno di scrivere formule o fare disegni per spiegare agli allievi i concetti che solo con una presentazione in Power point forse non sono cosi’ chiari.
Inizia la lezione : il tema scelto dal professor Cantore riguarda i “Motori del Futuro” e si tratta di una carrellata dell’evoluzione dei motori per autotrazione da quelli tradizionali a combustione indotta o per pressione (benzina e diesel) a quelli ibridi di oggi: quando eravamo studenti certe cose erano descritte in alcuni romanzi di fantascienza.
Il pensare che il motore potesse diventare di fatto una specie di attuatore governato da una centralina elettronica era qualcosa che solo alcuni romanzieri visionari avevavo immaginato. E a noi giovani studeni di ingegneria meccanica sarebeb sembrato assurdo !
Mi sento incredibilmente vecchio e sorpassato. Ma solo per un attimo.
Perchè la lezione si conclude con un messaggio forte , intenso e pieno di passione.
Il prof. conclude con una slide sulla sua visione della vita professionale.
La gratitudine verso l’Università che ha permesso (e consente tutt’ora) la Libertà di pensiero , di poter studiare e trasmettere le proprie conoscenze senza forzature. Una diffusione del sapere LIBERA e non assoggettata a partiti politici o ricatti commerciali o economici, possibile solo grazie all’Università.
Poi la missione dei professori dell’Università e degli allievi : il trasferire la propria cultura agli altri. La missione è quella di essere utili agli altri, usare lo studio e le conoscenze per capire le regole del mondo e migliorare la vita degli altri , senza trattenere per se’ la sapienza e la conoscenza , ma con -dividere in un processo in cui piu’ si divide con gli altri e più il sapere aumenta e si diffonde.
L’importanza dei Valori veri che ci derivano dalla famiglia e dall’amicicizia : elementi fondamentali per poter operare nel mondo .
Il Valore della comunicazione , del poter colloquiare ,come ingegneri , anche con altre forme di sapere e discipline diverse e rendersi conto di dover e voler sempre imparare da tutti, nella consapevolezza che la cultura è unica e associa tecnica e filosofia, arte e scienza, letteratura e fisica, poesia e chimica, matematica e musica !
Quando la lezione finisce ci alziamo tutti in piedi ad applaudire: un applauso lungo, interminabile…e ho gli occhi pieni di lacrime perchè capisco che grande fortuna ho avuto nel poter passare tanti anni della mia vita su quei banchi, in quei corridoi un po’ tetri, nelle aule grigie , sui libri …
Sento il cuore pieno di gratitudine e di gioia per aver vissuto quegli anni e aver potuto diventare INGEGNERE.. e c’e’ voluta quest’ultima lezione a 39 anni di distanza dalla prima, per completare il cerchio e farmi capire quale ruolo ho ed ho avuto e dovrò avere per dare un senso alla mia vita.
Mi si aprono gli occhi ed il cuore e nella mia mente appaiono i ricordi della mia vita professionale e tutto assume un valore nuovo, diverso , incommensurabile .
E’ come se, improvvisamente, fossero stati ridefiniti i parametri del successo e, in un mondo che ci vorrebbe far credere che si è importanti e vincenti solo guidando un’auto di lusso o con un conto in banca a 6 zeri, comprendo che invece con il mio lavoro e la mia professione di ingegnere ho potuto portare qualcosa fuori da quelle aule universitarie nel mondo, alle persone che ho conosciuto e con le quali ho vissuto e lavorato …e questo è quello che conta davvero.
Non tutte quelle persone forse lo hanno apprezzato e sicuramente i miei sforzi e le mie fatiche , sin dai giorni di studente , non sono sempre state riconosciute e gratificate come mi aspettavo e come desideravo.
Ma oggi comprendo di essere stato una parte di quel meccanismo di evoluzione della cultura e della conoscenza e di aver trasmesso il mio messaggio, di aver corso un pezzo della mia staffetta.
Ci sono in aula anche alcuni giovani, figli di colleghi che sono evnuti a vedere dove i loro genitori hanno studiato, riso, scherzato, pianto e avuto paura di non farcela …forse …
Sono seduti su quegli stessi banchi …un po’ come atleti sulla limea di partenza , guardano indietro aspettando di ricevere il testimone da chi li ha preceduti nella corsa , pronti a scattare con le loro giovani energie ,verso nuovi traguardi…
Io sto ancora correndo ed il mio scopo è passare bene il testimone … per poi vedere quei ragazzi scaettare via veloci, verso la vittoria, verso la Vita.
Ecco questa è la mia missione di ingegnere : passare bene il testimone e non interrompere quel ciclo di condivisione della conoscenza che serve a migliorare il mondo e la gente che lo abita.
E’ stato incredibilmente bello ed emozionante rivedere i ragazzi di allora che sono ancora meravigliosi vecchi ragazzi di oggi : il tempo non è mai passato.